giovedì 31 luglio 2008

Sono italiani i turisti più maleducati?

"Perchè i turisti italiani sono così maleducati?". Questo è ciò che si chiede tale Matthew Perris, giornalista del Times, con questo articolo. Si lo so che il Times non è nuovo a queste uscite "poco giornalistiche" (come dimenticare tutte le, a dir poco, "bizzarre" classifiche, come quella sulle offese più gravi di sempre?), e so anche che si tratta delle solite generalizzazioni, ma in ogni caso potremmo trarre spunto per fare un pò di sana autocritica. Io stesso ricordo quando, all'aeroporto di Londra, in procinto di ritornare in Italia ebbi di fronte uno spettacolo a dir poco grottesco: da una parte una la fila per imbarcarsi nel volo Londra-Manchester, con le persone che attendevano in perfetto ordine, l'una dietro all'altra in stile "british", ma quando mi avvicinai a quella che - teoricamente - doveva essere la fila per il mio volo verso l'Italia (quindi con tanti italiani), mi trovai di fronte a una sottospecie di grappolo di individui che premevano minacciosamente sulle addette alla verifica dei biglietti, evidentemente imbarazzate. Il confronto tra la composta fila anglosassone e la caotica confusione dell'italica "fila" risulta impietoso, ma mi sento in dovere a questo punto di citare un altro episodio, (a dire il vero molti episodi) che si sono verificati sempre durante quel soggiorno. Ho infatti scoperto che in Inghilterra i marciapiedi possono essere più pericolosi delle carreggiate stesse. Se, malauguratamente, vi doveste trovare a intralciare la direzione di un passante (preferibilmente un "business man") non aspettatevi che questi cambi direzione, o peggio ancora che vi chieda "scusi, mi fa passare?". Niente di tutto questo. Molto più semplicemente vi prenderà da una spalla e vi sposterà (fisicamente!) pur di non rallentare per un solo secondo la sua andatura. In alternativa potrebbe darvi anche una spallata.
Conclusioni:
1) Forse è vero che abbiamo davanti agli occhi i vizi degli altri, mentre i nostri ci stanno dietro.
2) Chiunque pretenda (compreso me) di partire dalla propria esperienza, per poi trovare una legge universalmente valida sui comportamenti degli uomini, compie un grosso errore.
3)In ogni caso, se siete in Inghilterra fate attenzione agli altri passanti.

lunedì 28 luglio 2008

Pensieri

Dopo il tributo a Robert Graves, anche in questo post coglierò l'occasione della ricorrenza per condermi(vi) qualche riflessione. Oggi è l'anniversario, rispettivamente, di nascita e di morte di due figure storiche che, in modi differenti, furono molto influenti nel contesto in cui vissero.
Il 28 luglio di 106 anni fa nacque Karl Popper, un filosofo che a lungo si occupò delle condizioni sotto le quali è possibile raggiungere la conoscenza. Sempre lo stesso giorno di 212 anni fa, Maximilien Robespierre diede la prova (se ancora ce ne fosse bisogno) che la "rivoluzione divora i suoi figli", venendo condannato alla ghigliottina. Vi consegno alcune delle loro parole, non perché io nutra particolare simpatia le idee da loro espresse, ma piuttosto affinchè possiate ricavarne qualche spunto.
"Il metodo della scienza è razionale: è il migliore che abbiamo. Perciò è razionale accettare i suoi risultati; ma non nel senso di confidare ciecamente in essi: non sappiamo mai in anticipo dove potremmo essere piantati in asso".
Karl Popper
"Ogniqualvolta una teoria ti sembra essere l'unica possibile, prendilo come un segno che non hai capito né la teoria né il problema che si intendeva risolvere."
Karl Popper


"L'idea più stravagante che possa nascere nella testa di un uomo politico è quella di credere che sia sufficiente per un popolo entrare a mano armata nel territorio di un popolo straniero per fargli adottare le sue leggi e la sua costituzione. Nessuno ama i missionari armati; il primo consiglio che danno la natura e la prudenza è quello di respingerli come nemici. [...] Voler dare la libertà ad altre nazioni prima di averla conquistata noi stessi, significa garantire insieme la servitù nostra e quella del mondo intero."
Maximilien Robespierre

giovedì 24 luglio 2008

Tributo a chi ha conosceva il valore dell'ispirazione

"Essere un poeta è una condizione piuttosto che una professione".

Il 24 luglio del 1895, esattamente 113 anni da oggi, a Wimbledon nasceva Robert Graves, poeta e romanziere. Colgo l'occasione dell'anniversario della sua nascita per dedicare a lui qualche riga. Mi avvicinai alle sue teorie casualmente al liceo, cominciando a leggere il suo libro "La Dea Bianca", nel quale egli sosteneva che esistesse una sorta di continuum culturale tra tutte le popolazioni arcaiche europee (Greci, Celti, Romani) che grazie a reciproche contaminazioni, veneravano essenzialmente la stessa dea, la dea-luna. Ciò che, a mio avviso, conta di più nelle sue pagine non la veridicità storica (sebbene le sue teorie sono in parte condivise da alcuni antropologi), ma il suo atteggiamento, il suo -potremmo dire- "piglio" da poeta nell'affrontare e risolvere alcuni enigmi che la mitologia celtica ci ha lasciato. Un piglio certamente anti-accademico quello di Graves, il quale scopre legami allora impensabili tra le varie mitologie europee, talvolta azzardando teorie, altre volte usando metodi anticonvenzionali, a causa dei quali si attirò il disprezzo dei critici. D'altra parte-sosteneva Graves-cos'è un critico se non un individuo costretto a seguire un canone, pena l'estromissione stessa dalla suo ruolo di critico?. Nel titolo dicevo dell'ispirazione. Egli scrisse "La Dea Bianca" in appena 3 settimana (si tratta di un "enciclopedia da 500 pagine...) in seguito a una personale illuminazione: aveva molti amici antiquari che gli avevano regalato statuette e manufatti risalenti a periodi tra loro diversi e appartenenti a popolazioni diverse. Per anni usò questi manufatti come fermacarte & co., finchè un giorno non si rese conto che tutti erano in qualche modo legati al culto della Dea Luna. Da lì dopo svariate ricerche giunse a concludere che in Europa prima di Baal, Jahve e Zeus, era la Dea Luna(Bianca) a governare in cielo e in terra venerata da innumerevoli popolazioni intorno al secondo millennio a.C. Arrivò persino a sostenere, sull'onda di quella che può essere definita la sua personale iniziazione alla Dea Luna, che la poesia stessa sia nata come linguaggio magico-rituale per le cerimonie in onore dalla Dea Luna. Un artista sincero, ultimo (forse) tra i poeti moderni a sottolineare il valore dell'ispirazione irrazionale nel processo di creazione poetica.

domenica 20 luglio 2008

Riflessione sul bipolarismo: alle radici del consumismo

Voglio provare a riflettere, con questo post, su quello che la seconda guerra mondiale ha lasciato in eredità al mondo moderno. Al termine di quella guerra i due "sistemi" politici vincitori- differenti e opposti - si siedettero a un tavolo e subito emerse come entrambi volessero prevalere l'uno sull'altro: la novità sta nel fatto che la presunta superiorità non si basava sul "diritto" ad occupare territori, ma sull'idea, di entrambe la parti, che il proprio "sistema" garantiva una "vita migliore" rispetto all'altro. Ora, il risultato di questi opposti intenti fu che vennero creati dei poderosi eserciti allo scopo di minacciare di muovere guerra nei confronti dell'avversario. In qualsiasi momento. Ma per tenere in piedi questi giganteschi eserciti, era necessario tenere in costante attività le rispettive industrie belliche, affinchè quest'ultime fossero, in qualsiasi momento, in grado di sfornare armi di ogni genere: Nasce così un problema (scommetto che capirete subito l'analogia con il presente), costituito dal fatto che le nuove armi, incessantemente prodotte per tenere in piedi l'industria bellica, non erano necessarie, poichè le armi prodotte in precedenza non erano state usate (essendo una guerra fredda) e quindi non dovevano essere sostituite. Per ovviare a questo non indifferente problema, venne adottato un espediente detto "obsolescenza": venivano costantemente messi a punto cioè nuovi modelli di armi, di aerei, di navi, in modo che i "vecchi modelli" (in realtà molto simili) fossero ogni volta accantonati per fare spazio ai suddetti modelli più avanzati, o al massimo potevano essere sfruttati come pezzi di ricambio" per le navi, gli aerei e le armi recentemente prodotte. Vi viene in mente niente? Si è proprio la mentalità (o forse è il caso di dire "dottrina"?) malata che sta alla base del consumismo e, più in generale, di tutta la produzione industriale moderna. Un'eredità di cui molti (ma chissà poi quanti) avrebbero volentieri fatto a meno.

lunedì 14 luglio 2008

Un antico paradosso tra maestro e discepolo

"Evatlo, giovane ricco, desiderava essere istruito nell'eloquenza e nell'arte di discutere le cause. Egli era venuto da Protagora per essere istruito e si era impegnato a corrispondere quale mercede l'ingente somma che Protagora aveva richiesto e ne aveva versata la metà subito, prima di incominciar le lezioni, impegnandosi a versare l'altra metà il giorno in cui avesse discussa e vinta la prima causa davanti ai giudici. Ma, pur essendo stato a lungo ascoltatore e discepolo di Protagora e avendo fatto notevoli progressi nell'arte oratoria, non gli era toccata alcuna causa e poiché era ormai passato molto tempo, sembrava facesse ciò a bella posta, per non pagare il saldo a Protagora; questi allora ebbe una trovata che gli parve astuta: chiese il pagamento del saldo e intentò un processo a Evatlo.
Quando venne il momento di esporre e contestare il caso davanti ai giudici, Protagora così si espresse: "Sappi, giovane assai insensato, che in qualsiasi modo il tribunale si pronunci su ciò che chiedo, sia contro di me sia contro di te, tu dovrai pagarmi. Infatti, se il giudice ti darà torto, tu mi dovrai la somma in base alla sentenza, perciò io sarò vittorioso; ma anche se ti verrà data ragione mi dovrai ugualmente pagare, perché avrai vinto una causa". Evatlo gli rispose:"Se, invece di discutere io stesso, mi avvalessi di un avvocato, mi sarebbe facile di trarmi dall'inganno pericoloso. Ma io proverò maggior piacere avendo ragione di te non soltanto nella causa, ma anche nell'argomento da te addotto. Apprendi a tua volta, dottissimo maestro, che in qualsiasi modo si pronuncino i giudici, sia contro di te sia in tuo favore, io non sarò affatto obbligato a versarti ciò che chiedi. Infatti, se i giudici si pronunceranno in mio favore nulla ti sarà dovuto perché avrò vinto; se contro di me, nulla ti dovrò in base alla pattuizione, perché non avrò vinto la mia prima causa. I giudici, allora, considerando che il giudizio in entrambi i casi era incerto e di difficile soluzione, giacché la loro decisione, in qualunque senso fosse stata presa, poteva annullarsi da se stessa, lasciarono indecisa la causa e la rinviarono a data assai lontana. Così un famoso maestro di eloquenza fu sconfitto da un giovane discepolo che, servendosi dello stesso argomento, scaltramente prese nella trappola chi l'aveva tesa."

Possibili scenari:
Dal punto di vista di Protagora:
1) Se Euatlo avesse vinto la sua prima causa (avendo deciso di difendersi da solo), Protagora avrebbe ricevuto il denaro pattuito con l'accordo precedente
2) Se Euatlo avesse perso, Protagora avrebbe ricevuto comunque il denaro per effetto della sentenza a lui favorevole.
Dal punto di vista di Euatlo:
1) Se Euatlo avesse vinto, la sentenza gli avrebbe permesso di non pagare Protagora
2) Se Euatlo avesse perso, non avrebbe dovuto pagare Protagora, non avendo ancora vinto la sua prima causa.
!!!

lunedì 7 luglio 2008

Una possibile spiegazione del perchè le persone non si capiscono

"Io posso credere a tutto ciò che voi mi dite. Ci credo. Vi offro una sedia: sedete; e vediamo di metterci d'accordo. Dopo una buona oretta di conversazione, ci siamo intesi perfettamente. Domanimi venite con le mani in faccia, gridando:
- Ma come? Che avete inteso? Non mi avevate detto così e così?
Così e Così, perfettamente. Ma il guajo è che voi, caro, non saprete mai, nè io vi potrò comunicare come si traduca in me quello che voi mi dite. Non avete parlato turco, no. Abbiamo usato, io e voi la stessa lingua, le stesse parole. Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sè, sono vuote? Vuote caro mio. Abbiamo creduto d'interderci; non ci siamo intesi affatto."

Da "Uno, nessuno e Centomila", Luigi Pirandello

mercoledì 2 luglio 2008

I danni che ci procurerà la tecnologia

Il terzo millenio, informatizzazione, telecomunicazioni eccetera eccetera.
Vediamo un aspetto che forse non tutti considerano: i danni che inevitabilmente ne ricaverà l'uomo.
Come sempre quelli che ci andranno più fregati sono le generazioni future: Alcuni studi di psicologia hanno rilevato che i bambini che usufruiscono con frequenza dei videogiochi, hanno problemi di concentrazione, perchè i ritmi frenetici e le musiche rimbombanti dei videogame logorano l'apparato nervoso, cosicchè il fanciullo, quando si troverà davanti alla sua maestra che spiega o quando dovrà leggere un libro, non sarà abituato a ritmi così blandi (e comincia con gli sbadigli).
Qualcuno potrebbe dire: "Ok ma questo dato "accusa" solo i videogame non tutta la tecnologia". Ah si? E' inevitabile che da quando internet è diffuso, gli studenti lo usino per copiare temi, versioni, commenti etc., ma a me può anche andare bene, gli studenti hanno sempre copiato, internet è solo un modo aggiuntivo per farlo...il problema vero è che, se vi fate un giro su i forum per studenti, o su yahooanswer, troverete migliai di studenti, oramai troppo impigriti per usare il cervello, che elemosinano (vi giuro che non me le sono inventate, le ho copiate e incollate!):
"qualcn mi può tradurre la versione, vi prego aiuto"

un'altra supplica:
"potreste dirmi le risposte alle domande che riguardano il brano di Pavese la luna e i falò,per favore!!!!!!mi serve ora!!!

Non so se siete sconvolti quanto me, ma questi ragazzi (e non li chiamo studenti..) non vogliono neanche fare la fatica di copiare!
Ma adesso arriva il genio, il culmine della stupidità e della pigrizia, il quale, cito testualmente, chiede:
"Mi aiutate a trovare un lavoro da svolgere in casa, se ne esiste qualcuno serio e senza inviare denaro"


Cioè, non solo gli scoccia lavorare (preferisce farlo da casa), ma vuole anche che siano altri a cercare un lavoro al suo posto!!
Io sono basito, e questo è solo un aspetto del problema. Le generazioni future avranno una memoria brevissima (neanche il minimo sforzo per esercitarla), un ignoranza vastissima, e una pigrizia ancora maggiore, per non parlare poi della capacità di ragionare criticamente che, se fosse misurabile, nel loro caso credo si aggirerebbe intorno al valore di...zero.
A una cosa non so darmi ancora risposta: E' l'uomo sempre stato pigro e inetto, e internet ha soltanto reso questo fatto evidente, oppure la colpa è da imputare interamente al web che sta sgretolando le capacità intellettive dell'uomo? Il quesito la tramando ai posteri, ma non sono sicuro che in futuro l'umanità sarà in grado di porsi domande su stessa....

martedì 1 luglio 2008

Una pausa ogni tanto

Oggi voglio condividere con voi questa riflessione; in realtà non è mia, ma di un grande uomo, spesso sottovalutato, di cui non vi dirò il nome se non alla fine (non voglio che siate "influenzati"nel leggere)
"Voi vivete come se doveste vivere sempre, non pensate mai alla vostra fragilità, non volete considerare quanto del vostro tempo è già trascorso; buttate via il tempo come se lo attingeste da una fonte inesauribile: mentre, forse, quel giorno che voi regalate a una persona o a un affare, è l'ultimo per voi".
Ok capisco, quest'ultima affermazione è un pò forte e immagino tutti gli scongiuri che avrete fatto, però secondo me bene si adatta a descrivere la folle corsa al successo dell'uomo moderno, una corsa fine a se stessa. E poi questo blog non si chiama forse "isola di break"? E allora vediamo di concederci ogni tanto un break.
"Molte volte si sente dire: "A cinquant'anni mi ritirerò a vita privata". Ma chi ti garantisce che vivrai ancora? Come puoi essere sicuro che tutto andrà nel modo previsto? E poi non ti vergogni di riservare a te solo gli avanzi della tua vita, solo il tempo che non può essere impiegato per nessuna attività? E' troppo tardi cominciare a vivere quando ormai è ora di smettere"

P.s. Queste sempre attuali parole sono di Seneca.